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June 03 2017
Doveva essere il mese di maggio quello decisivo, siamo finiti a giugno. Ma per la nuova legge elettorale con cui gli italiani dovranno andare al voto alle prossime elezioni sembra essere questione di pochi giorni.
Chiusa la campagna per le primarie Pd, è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a spingere perchè si arrivasse in tempi relativamente brevi alla definizione di una legge che consentisse di armonizzare le procedure di elezione dei membri di Camera e Senato prima di tornare al voto.
I tempi si sono poi dilatati. L'11 maggio scorso infatti il relatore Andrea Mazziotti ha presentato il primo testo base della riforma: un "Italicum bis", ossia l'estensione al Senato della legge elettorale della Camera così come modificata dalla Consulta. Ma il testo è stato poi ritirato la sera del 16 maggio vista la contrarietà di Pd, Lega, Ala, Svp e DirIt. Mazziotti si è dimesso e Emanuele Fiano, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali, è stato nominato nuovo relatore.
Il 17 maggio è arrivato così il nuovo testo base: il Rosatellum, che piace tanto al Pd di Matteo Renzi. Ma anche quello non ha trovato l'accordo.
Così il 31 maggio Fiano ha presentato in Commissione Affari costituzionali della Camera un maxi-emendamento al testo base, che ridisegna il Rosatellum verso un modello elettorale detto "alla tedesca".
Oggi l'elezione di Camera e Senato avviene con due sistemi elettorali diversi. La legge elettorale in vigore alla Camera è l'Italicum corretto dalla sentenza della Consulta.
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Al Senato è invece attualmente in vigore il Consultellum (ovvero il Porcellum modificato): base proporzionale, prevede le coalizioni con sbarramento all'8% per le liste che corrono da sole, al 3% per le liste in coalizione e al 20% per le coalizioni. Il Presidente Mattarella ha chiesto una maggiore armonizzazione dei sistemi elettorali per le due camere.
SISTEMA ALLA TEDESCA: Gli elementi chiave della nuova proposta di legge elettorale, che nasce dall'accordo tra PD, Forza Italia e M5S, sono: impianto proporzionale e soglia di sbarramento al 5%. E poi capilista bloccati e metodo del quoziente per la ripartizione dei seggi, come proposto da Lega e FI.
ROSATELLUM: Prende il nome dal capogruppo Pd Ettore Rosato e mira a un sistema misto, al 50% maggioritario e al 50% proporzionale. La soglia di sbarramento per accedere al riparto dei seggi proporzionali sarebbe del 5%, più alta rispetto al Mattarellum (4%) e all'Italicum (3%).
ITALICUM: è il sistema attualmente in vigore alla Camera e prevede il premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti o distribuzione proporzionale dei seggi, sbarramento al 3% e capilista bloccati.
A chi piace: Piace a un ampio schieramento: da Forza Italia al M5S, da Fratelli d'Italia alla Lega a Sinistra italiana fino agli scissionisti del Pd vicini a Bersani.
PROVINCELLUM: è l'ultima proposta che ha fatto capolino in Aula. Si tratta di un sistema di voto in collegi uninominali proporzionali. Ovvero, ogni partito ha un solo candidato per ogni collegio. Ma l'assegnazione dei seggi vinti è stabilito in proporzione ai voti su base nazionale del partito. Questo sistema in un primo momento piaceva a tutti i partiti compreso il Pd ma non a Matteo Renzi. Nettamente contrario il M5S.
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MATTARELLUM: prevede, sia alla Camera che al Senato, un certo numero di collegi uninominali corrispondenti al numero di seggi in palio con il metodo maggioritario e un collegio unico nazionale per la parte proporzionale.
A chi piace: Piace al Pd di Matteo Renzi e alla Lega mentre il M5S si è detto disposto a discutere
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CONSULTELLUM: sarebbe simile all'attuale sistema del Senato e sarebbe un proporzionale con sbarramento all'8% al Senato e al 3% alla Camera.
A chi piace: Non dispiace a Forza Italia che ha sempre detto di volere un sistema proporzionale, come Ncd.
I tempi al momento sono i seguenti:
LE POSIZIONI DEI PARTITI
M5S - Beppe Grillo, leader M5S, blinda il patto con Pd e FI sul modello "alla tedesca"
PD - Silenzio, invece, dal Pd. Gli esponenti Dem, di solito durissimi contro Grillo, questa volta devono mantenere la prudenza anche perché senza il M5S difficilmente l'accordo sul tedesco terrà.
Il testo Fiano, intanto, continua a non piacere ad una fetta del centrosinistra italiano. Walter Veltroni, primo segretario del Pd, ricorda la vocazione maggioritaria del partito e sottolinea come il testo Fiano non corrisponda al sistema tedesco. "Con il proporzionale si torna agli anni Ottanta", attacca Veltroni giudicando "un errore gravissimo" la prospettiva di un'intesa Pd-FI. "È una legge elettorale peggio della Prima Repubblica, quando almeno si potevano scegliere i parlamentari. Questa volta nemmeno questo potrà essere concesso agli elettori italiani", è il durissimo commento dell'ex premier Enrico Letta mentre anche Pier Luigi Bersani parla di "tedesco truccato" e avverte: "su voto disgiunto e capilista si rischia l'incostituzionalità".
CENTROSINISTRA: È lite tra i bersaniani e il Pd. L'ex segretario chiede a Prodi e Pisapia di ritirare il loro assenso al Rosatellum, la proposta del Pd che verrà discussa in Aula il 5 giugno.
Ma lo scontro si è svolto anche sul piano del merito, con un affondo di Pierluigi Bersani e degli altri esponenti di Mdp (da Federico Fornaro a Miguel Gotor) sul testo: "Qui si allude non certo alla coalizione ma piuttosto a confuse accozzaglie a fini elettorali", ha detto Bersani, che ha invitato Prodi e Pisapia a "riconsiderare le loro aperture". Il motivo della critica è presto detto: il testo prevede sì per metà collegi uninominali, che favoriscono la nascita di coalizioni, ma non stabilisce che ci sia un simbolo unico per l'eventuale coalizione, come era con il Mattarellum. Il nome del candidato di una eventuale coalizione compare sulla scheda ripetuto tante volte quanti sono i partiti che sono con lui collegati nella parte proporzionale. Insomma la legge sembra alludere, o almeno permettere, più la formazione di cartelli puramente elettorali che non di coalizioni con un programma.
Nel week-end Mdp terrà una kermesse a Milano alla quale interverra' Pisapia: che molto probabilmente farà il punto su questi temi.
CENTRODESTRA: Ha accolto con favore lo slittamento della discussione in aula dal 29 maggio al 5 giugno per avere più tempo per esaminare ed emendare il testo.
Forza Italia - Al termine di una riunione a Palazzo Grazioli il presidente Berlusconi ha reso noto la sua linea in materia di legge elettorale. Bocciato il proporzionale alla tedesca, la proposta si articola in tre punti che si sintetizzano in un proporzionale con premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista.
Movimento 5 Stelle - Spinge per l'estensione al Senato dell'Italicum corretto dalla consulta, in linea quindi con Forza Italia
Partito democratico - Fino a 24 ore fa spingeva per il VERDINELLUM, ovvero un sistema in base al quale 309 deputati si eleggono con il proporzionale con sbarramento al 5% e 309 in collegi uninominali. Dopo il rifiuto di FI che ha preferito l'estensione dell'Italicum con qualche piccola modifica, il PD non ha espresso una posizione ufficiale. Probabile che propenda alla fine sempre per l'Italicum modificato.
Primarie di coalizione per evitare la scissione nel Pd, e "premio di maggioranza alla coalizione e non più alla lista" come punto di mediazione con Forza Italia e Ncd sulla legge elettorale, "che potrebbe essere l'ultimo atto della legislatura". È quanto propone Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, in un'intervista al Corriere della Sera.
"Quando sento parlare di scissione penso che la sciagura vada evitata", dice Franceschini. "Un conto è il giusto ricambio dei gruppi dirigenti, altra cosa è la capacità di essere inclusivi, specie davanti ai rischi che stiamo correndo.
Abbiamo impiegato vent'anni per fare il Pd: si può disperdere un simile patrimonio?". Per l'esponente democratico "c'è un percorso che può scongiurare la scissione. Rispetto agli anni in cui il bipolarismo tendeva al bipartitismo, ora, con un sistema proporzionale, bisogna perimetrare il campo riformista per non disperderlo", osserva. "Lo si può fare con l'azione politica e anche modificando in pochi punti la legge elettorale emersa dalla sentenza della Consulta. A mio avviso il premio di maggioranza andrebbe assegnato alla coalizione, alla Camera e al Senato, rispettando i dettami costituzionali".
"L'accordo in Parlamento deve essere il più largo possibile e deve contemplare la collaborazione delle forze di opposizione", prosegue Franceschini. "Nel centrodestra è interesse di tutto il Paese che ci sia un'area moderata non vincolata alle posizioni estreme di Salvini. Nel campo riformista c'è un'area di centro che ha collaborato con i governi di Letta e Renzi, e ora collabora con quello di Gentiloni: sarebbe strano se dopo cinque anni ci candidassimo su fronti contrapposti. C'è infine uno spazio a sinistra del Pd che può essere parte del processo: penso all'operazione di Pisapia. Per tenere insieme questa aggregazione, servirebbero le primarie di coalizione".
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"Noi siamo assolutamente a favore di un'impostazione che porti verso le coalizioni. Che sia attraverso un premio alla coalizione o un Mattarellum più o meno corretto, siamo aperti a entrambe le soluzioni. Con una soglia di sbarramento al 3% anche al Senato".
Lo dice Enrico Zanetti, segretario di Scelta civica. "Le parole di Franceschini sulla legge elettorale sono dimostrazione di lucidità politica. In queste settimane ho trovato incredibile che mentre sul fronte del centrodestra si cerca di unire anche ciò che è palesemente inconciliabile come sovranisti e moderati, sul fronte liberale e della sinistra riformista unita per mille giorni sui provvedimenti di governo, si faccia la gara a dividersi: un suicidio politico".
"Se nei tempi dovuti ci fosse una legge elettorale omogenea per le due Camere il voto a giugno non sarebbe un problema. Noi come Sc e Ala siamo contrari sia rispetto a chi dice che per votare a giugno la legge elettorale non è condizione necessaria, sia rispetto a chi come Calenda dice che non e' condizione sufficiente. Per noi la legge elettorale è condizione necessaria e sufficiente per andare a votare, perché la legislatura - conclude - è terminata il 4 dicembre" ---
Freno a mano tirato alla Camera: il suo iter ufficiale in Commissione Affari costituzionali comincia giovedì prossimo, 9 febbraio, ma prima di entrare nel merito si è deciso di attendere le motivazioni della sentenza della Consulta.
Uno slittamento che rende più difficile portare il testo in Aula il 27 febbraio, come aveva deciso la Conferenza dei capigruppo. E' una decisione che fa esultare il "partito del non voto a giugno", e getta su Pd l'onere quasi esclusivo di costruire un accordo, anche per evitare le divisioni interne se non le scissioni, evocate in una riunione dell'Ufficio di presidenza del Gruppo Dem alla Camera.
Oggi la Commissione Affari costituzionali della Camera doveva decidere il calendario dell'esame della legge elettorale. Qui il rappresentante del Pd Emanuele Fiano ha chiesto di cominciare subito, in sintonia con il leghista Cristian Invernizzi e la pentastelalta Federica Dieni. Ma tutti gli altri gruppi (Ap, Misto, Des-Cd, Sinistra Italia, Ci), contrari a tempi stretti che preludono a urne anticipate a giugno, hanno tirato fuori il jolly: in una lettera alla presidente Laura Boldrini e al presidente della Commissione Andrea Mazziotti, hanno chiesto l'applicazione del Regolamento della Camera (articolo 108) che in casi simili impone di attendere le motivazioni della sentenza della Corte.
Alla fine Mazziotti ha trovato un compromesso: il 9 si inizierà ufficialmente, con l'illustrazione delle proposte di legge già depositate, ma si attenderanno le motivazioni prima di iniziare la discussione.
Trionfali i commenti di quanti chiedevano di attendere la Consulta - galvanizzati sin dalla mattina per le affermazioni del ministro Calenda contro il voto anticipato - mentre il M5s ha accusato il Pd di fare "melina".
Il Pd, in realtà, è in imbarazzo. Dopo che mercoledì i grillini hanno cambiato per la quarta volta la loro proposta elettorale (Matterellum, Italicum, Italicum modificato dalla Consulta, Italicum modificato ma senza capilista bloccati) i Dem sono convinti che è inutile cercare un accordo con loro.
Gli unici interlocutori ora sono solo Lega e Fdi, che sono favorevoli al Mattarellum ma che hanno solo 19 e 11 deputati. Troppo pochi per fare una maggioranza. Inoltre nel Pd pesano le tensioni interne, come si è registrato all'ufficio di presidenza del gruppo mercoledì sera.
Non solo gli esponenti delle minoranze (Nico Stumpo, Andrea Giorgis) ma anche della maggioranza (Andrea Martella, Gero Grassi, Daniele Marantelli) hanno invitato a togliere la minaccia di andare al voto con le due leggi uscite dalla sentenza della Consulta, perché nessuno raggiungerebbe il 40% (per ottenere il premio di maggioranza) e perché favorirebbe la scissione e la "libanizzazione" (secondo le parole di Grassi) del centrosinistra.
Nel gruppo si fa strada l'idea di introdurre il premio alla coalizione: anche perché così si favorirebbe una intesa con tutto il centrodestra se non si trovasse un accordo sul Mattarellum. Ma la situazione è ancora fluida e per evitare irrigidimenti interni il Pd ha presentato in commissione ben tre proposte: il capogruppo Fiano ha chiesto di incardinare non solo il Mattarellum, ma anche il ddl di Gianni Cuperlo (simile alla legge per l'elezione delle Province) e quello dei "giovani turchi", un proporzionale con premio di governabilità. Per sciogliere i nodi un'assemblea del gruppo Pd è stata convocata per mercoledì della prossima settimana.
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La linea del M5s sulla legge elettorale resta il Legalicum senza capilista bloccati, sia alla Camera sia al Senato. E nel caso dovessero sorgere problemi a mantenere il punto fermo su quella che viene definita una "scatola chiusa" durante il dibattito parlamentare si potrebbe decidere di far esprimere gli iscritti sul blog. Ma questa, al momento, è solo un'ipotesi: "Si tratta dei soliti 'se', quando sarà necessario prendere una decisione, valuteremo" precisa un pentastellato. La questione tuttavia sta ancora creando incomprensioni dentro il gruppo parlamentare.
Ieri, al termine dell'assemblea congiunta di deputati e senatori, alcuni parlamentari sostenevano la necessità di discutere l'eliminazione dei capilista bloccati solo per la legge elettorale per il Senato e di dare il via libera al cosiddetto Legalicum per la Camera così come emendato dalla Consulta e quindi con i capilista bloccati. Tesi sostenuta oggi anche dalla deputata 5 Stelle e componente della Commissione affari costituzionali, Federica Dieni: "alla Camera noi non vogliamo toccare niente perché se si riapre la discussione sull'Italicum corretto dalla Consulta non ne usciamo piu' fuori. E il nostro obiettivo è andare presto al voto" ha detto, argomentando una tesi sostenuta lontano dai microfoni anche da altri parlamentari. Di avviso opposto l'ex componente del direttorio, Carlo Sibilia: "Noi siamo contrari ai capilista bloccati anche alla Camera. Noi siamo sempre stati per l'introduzione della preferenza, accettare i capilista bloccati sarebbe un controsenso" taglia corto.
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"Proprio per affrontare la crisi del Paese ci vuole un governo molto legittimato, legittimato dal popolo", ha dichiarato Delrio, secondo il quale è necessario "rendere la legge elettorale capace di rendere governabile questo Paese". "Diamo piena disponibilità alle modifiche che il Parlamento riterrà piu' opportune", ha aggiunto il ministro. "Il compito del Pd è di diventare il perno di una coalizione che abbia l'ambizione di raggiungere questo 40% e prendersi questo premio di governabilità", ha Delrio.
25 gennaio 2017 - La Corte Costituzionale si è pronunciata sull'Italicum, la legge elettorale in vigore da luglio 2016 "impugnata" da un pool di legali in qualità di cittadini elettori.
La Corte ha dichiarato illegittimo il ballottaggio e la disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione (resta il criterio del sorteggio), mentre ha dichiarato legittimo il premio di maggioranza che la legge attribuisce al partito che supera il 40% dei voti.
Ha poi indicato che "all'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione". Resta aperto il nodo del Senato, i cui membri vengono eletti oggi con un sistema elettorale diverso dall'Italicum, situazione per la quale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto un'armonizzazione alle Camere.
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LE REAZIONI DEI PARTITI: AL VOTO SUBITO
Silvio Berlusconi, Forza Italia - La necessità di armonizzare i sistemi elettorali "non può essere un pretesto per dilazionare l'appuntamento con le urne, per rinviare ancora il legittimo diritto degli italiani di scegliere finalmente da chi vogliono essere governati, dopo quattro governi di seguito non eletti dal popolo. Ma la necessità di un intervento legislativo esiste certamente: abbiamo bisogno di una legge elettorale il più possibile condivisa che garantisca la piena corrispondenza della maggioranza parlamentare alla maggioranza degli elettori". Si è esposto così Silvio Berlusconi in un colloquio col Foglio, sottolineando che non può essere la Consulta a scrivere la legge elettorale.
L'ex premier ripropone il sistema proporzionale, con "un'alleanza che deve basarsi su valori e programmi condivisi, e non puo' essere solo una somma di partiti che stanno assieme, costretti dalle regole elettorali". Un'alleanza tra M5S e Lega? "È un'ipotesi che mi fa sorridere e inorridire - rileva -. Se dovesse accadere, sarebbe la fine politica di entrambi. Io credo che la Lega nord sia una parte integrante del centrodestra e si comporterà come tale".
Berlusconi si dice "prontissimo ad aprire un tavolo con tutti" su una nuova riforma costituzionale e "l'elezione diretta del Capo dello Stato, in un quadro costituzionale diverso, rimane uno dei nostri capisaldi". Renzi può tornare a Palazzo Chigi? "Perchè no? - risponde l'ex premier - Renzi è il leader del suo partito. Non c'è nulla di strano se vince le elezioni", ma "naturalmente deve essere in grado di raccogliere una maggioranza nel Pd e in Parlamento".
Gianni Cuperlo, PD - "Serve una legge elettorale condivisa e capace di combinare rappresentanza, governo e un nuovo legame tra territori ed eletti" è la condizione posta da Gianni Cuperlo, esponente della minoranza Pd che, intervistato da La Stampa, si è detto fiducioso che "una buona legge si possa fare. Un impianto proporzionale con collegi uninominali e un premio fisso di incentivo alla governabilità".
"Troverei una rinuncia della politica farsi dettare le regole da una sentenza, che ègiusto rispettare, ma che rischia di consegnare a lungo l'Italia alle larghe intese", afferma. Secondo Cuperlo, "pensare che il Pd basti a se stesso è un errore grave.... Serve un leader, ma un leader da solo non basta, perchè si è chiusa la stagione che ha puntato a dividere il nostro campo e la società. Adesso serve una guida solida, competente, soprattutto capace di unire".
Resta comunque nel partito l'idea di andare al voto. "Per noi bisogna andare a votare subito" ha dichiarato il giorno della sentenza il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, spiegando che la linea del partito non cambia. La legge così come modificata dalla Corte è immediatamente applicabile, spiega, perchè si tutela "il principio costituzionale di dare la possibilità al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere" quando fosse necessario.
Beppe Grillo, M5S - "La corte costituzionale ha tolto il ballottaggio, ma ha lasciato il premio di maggioranza alla lista al 40%. Questo è il nostro obbiettivo per poter governare. Ci presenteremo agli elettori come sempre senza fare alleanze con nessuno". Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog in un post dal titolo "Habemus Legalicum". "C'è una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle già depositata in Parlamento, chi non la voterà lo fa perchè vuole intascarsi la pensione a settembre", attacca Grillo.
"Ora bisogna estendere al Senato la legge della Camera" per andare alle urne "in primavera. Tutto il resto serve a tirare a campare" ha aggiunto, interpellato dai cronisti, il vice presidente della Camera M5S Luigi Di Maio che insiste: "per armonizzare le leggi bastano due giorni". Il 40%? "Il M5S è l'unico che puo' chiedere agli italiani un tale consenso, il prossimo voto sara' tra vecchi e nuovi partiti, tra noi e loro".
Matteo Salvini, Lega Nord - Da una a 100 quante probabilità ci sono che si vada a votare? "Direi 99. Quella che resta la lascio a poltronari e amici del vitalizio. La Consulta è stata chiarissima: si può votare anche domattina", "il primo giorno utile è il 23 aprile. E sarebbe ideale". Il segretario della Lega, Matteo Salvini, intervistato da La Stampa, torna a riproporre quella data per le elezioni: "lo chiamerei Liberation Day". "Perchè - dice - è vicino al 25, quindi sarebbe doppiamente una Festa della Liberazione. Perchè è il giorno in cui si vota anche in Francia. E infine perchè si potrebbero accorpare le amministrative dove ci sono, Genova, Verona, L'Aquila, Padova, Alessandria...".
Per la Lega ci sono "due strade" di cui si discuterà al Consiglio Federale: "alle urne da soli. In questo caso, porteremmo in Parlamento fra i 100 e i 150 deputati e senatori. Poi, è chiaro, faremmo l'opposizione", oppure "provare davvero a vincere mettendo insieme tutto ciò che non è Pd o M5S", ma con "paletti molto precisi. Fuori chi ha votato sì al referendum o ha appoggiato il governo Renzi. Quindi niente Alfano, Casini, Verdini e compagnia poltronara". Un accordo elettorale con l'M5S? "Non c'è alcuna possibilità - precisa -. Loro sono quelli che hanno depenalizzato l'immigrazione clandestina e che in Europa hanno provato a entrare nel partito di Monti.
Questo il comunicato della Corte Costituzionale:
"Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari. La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall'Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all'esame delle singole questioni sollevate dai giudici. Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l'illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono. Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall'ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell'art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957. Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni. All'esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione".
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Le posizioni dei partiti al 23 gennaio
Nel merito della legge elettorale finora i partiti si sono schierati su posizioni e scelte molto diverse tra loro che si possono sintetizzare in 5 grandi punti:
1. Il Mattarellum, teoricamente la strada più veloce, piace ormai solo al Pd e sostanzialmente alla Lega e al M5S, interessati soprattutto ad andare subito al voto.
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2. Una versione molto "proporzionale" del cosiddetto Consultellum - il sistema in vigore se la Corte costituzionale avesse bocciato il doppio turno dell'Italicum - potrebbe piacere al Pd renziano: sarebbe simile all'attuale sistema del Senato e sarebbe un proporzionale con sbarramento all'8% al Senato e al 3% alla Camera.
3. Se la Consulta avesse salvato il doppio turno, l'Italicum potrebbe essere esteso anche al Senato: doppio turno dunque, oppure 40% dei consensi al primo turno per il premio di maggioranza necessario a governare alla lista vincente. Piace al Movimento 5 Stelle; e deve piacere al Pd (visto che è il sistema del governo Renzi).
4. Poi entriamo nel dominio del proporzionale, che piace molto a Forza Italia, e all'alleato del Pd, Ncd; e tutto sommato non dispiace nemmeno troppo al Pd. Nella versione presa in considerazione, cui sta lavorando l'ufficio a esso dedicato di Forza Italia, avrebbe un piccolo premio chi vince, che però non arriverebbe alla maggioranza assoluta; quindi quasi certamente niente governo senza patti fra una delle due forze maggiori. Questo modello non piace per nulla alla Lega che sospetta un patto fra Fi e il Pd.
5. Infine, ci sarebbe il sistema tedesco, con la metà dei seggi assegnati con il metodo proporzionale e l'altra metà con una versione particolare del maggioritario. Non piace al M5S.
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16 gennaio 2017
Le posizioni nel Pd
Il segretario del Pd Matteo Renzi è chiarissimo sul suo punto di partenza: il ballottaggio che "è il modo per evitare inciuci, governissimi e larghe intese che non servono al paese" oppure il Mattarellum. In base alle decisioni della Corte Costituzionale, Renzi cercherà, spiegano fonti dem, intese sulla sua riforma elettorale "con chi ci sta", evitando un Nazareno bis con un dialogo esclusivo con Berlusconi.
Anche perchè, a parte il Mattarellum, il Pd è diviso sul modello elettorale: se il segretario crede ancora nel ballottaggio e nel premio di maggioranza, Pier Luigi Bersani ha chiarito di essere favorevole ai collegi ma nettamente contrario ad un modello iper-maggioritario: "Un premio sì, ma senza esagerare", è la posizione dell'ex leader. Se Renzi eviterà di insistere sulle elezioni a breve per non dare l'impressione di uno scontro personale con Paolo Gentiloni, sarà il vertice dem a premere per evitare che la legislatura arrivi a scadenza naturale.
La posizione di Forza Italia
Il Cavaliere, intanto, dichiara di voler andare a votare presto e di fidarsi comunque del capo dello Stato, Sergio Mattarella. "Bisognerà verificare anzitutto - afferma il leader azzurro - che la sentenza della Corte possa essere auto-applicativa. Verosimilmente sarà comunque necessario un intervento legislativo. Non credo che Renzi, dopo il referendum, abbia interesse a fare altre mosse avventate. Ma in ogni caso il capo dello Stato è un garante al di sopra di ogni sospetto".
Ed è sull'indebolimento del segretario dem dopo la sconfitta referendaria che Berlusconi punta per arrivare ad un sistema proporzionale che agevoli le coalizioni. Il leader azzurro vuole governare da solo, ma è consapevole che dei tre poli "molto simili per consistenza numerica, nessuno allo stato sembra in grado di governare" senza alleanze. Quindi, "se gli italiani non daranno più del 50% a un polo, sarà inevitabile accordarsi".
Il M5S sta a guardare
Chi giura che assisterà alla finestra alle manovre sulla riforma elettorale senza prendervi parte è il M5S. "Il 24 gennaio la Consulta - sostiene Roberto Fico - presenterà le correzioni sull'Italicum e per noi si può andare a votare con la legge che uscirà dalla Consulta, applicata in modo uniforme. Poi, il prima possibile si dovrà andare al voto".
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28 dicembre 2016
Il presidente del Pd e il vicesegretario, Matteo Orfini e Lorenzo Guerini, alzano il pressing sugli altri partiti chiedendo di aprire subito un "tavolo" sulla legge elettorale, senza attendere la sentenza della Consulta il 24 gennaio, ma i due più consistenti partiti dell'opposizione parlamentare, M5s e Fi rispondono picche. Con Silvio Berlusconi che rilancia il proporzionale a tutto tondo senza alternative.
Risposte a cui il segretario Dem, Matteo Renzi, non intende sottostare e al quale potrebbe controreplicare con un invito agli altri leader di partito ad aprire un tavolo. In una intervista all'Unità Orfini ha invitato tutte le forze politiche a "giocare a carte scoperte" e "in sincerità".
"Nessuno può pensare di portare a spasso il Parlamento per poi non decidere nulla". "Nelle prossime ore - ha quindi auspicato - dovremmo incontrare formalmente le altre forze politiche per comprendere in modo chiaro e trasparente quale sia la loro posizione".
Immediato il coro di Fi che con Paolo Romani, Deborah Bergamini, Francesco Paolo Sisto, ha "respinto il diktat" del Pd: la legge elettorale "si fa in Parlamento e non al Nazareno" ha detto Bergamini. "Le carte non le dà più Renzi e il Pd" ha aggiunto Renato Brunetta. Parole che non hanno soddisfatto Guerini: "dire che la legge elettorale si fa in Parlamento senza accordo preliminare significa in realtà puntare solo a perdere tempo e a questa prospettiva il Pd non è disponibile".
Ma anche da M5s la risposta è stata un "niet" espresso da Danilo Toninelli, seguito da quello del capogruppo di Sinistra Italiana, Arturo Scotto.
La strategia di Renzi e del PD
L'intenzione dei vertici Dem è di avanzare nei prossimi giorni, dopo capodanno ma prima dell'Epifania, un invito formale agli altri partiti per un incontro in cui confrontare le diverse proposte di riforma.
Se le altre forze politiche si sottrarranno il segretario del Pd Matteo Renzi prenderebbe atto che non ci sono le condizioni politiche di varare la riforma elettorale in Parlamento, che a questo punto verrebbe decisa dalla Corte costituzionale a fine gennaio.
Infatti sono in molti tra i Democratici a ritenere che di fronte alla "deriva proporzionalista" sostenuta da molti partiti (Fi, Si, Ncd, Sinistra Pd), un freno potrebbe giungere proprio dalla Consulta. Molti scommettono sulla promozione dell'Italicum, magari solo depurato del ballottaggio ma mantenendo il premio in caso di superamento del 40% al primo turno.
In tal caso si potrebbe andare comunque alle urne in pochi mesi con il nuovo Italicum per la Camera e con il Consultellum per il Senato (cioè un proporzionale con soglia regionale all'8%).
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20 dicembre 2016 - "In ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali abbiamo deciso a maggioranza con Pd, FI e M5S, di rimandarel'esame dei provvedimenti sulla legge elettorale a dopo la pronuncia della Consulta sul tema".
Così il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto al termine della riunione. "Dopo un breve dibattito - aggiunge - il presidente Andrea Mazziotti (Civici innovatori) ha aggiornato i lavori al 10 gennaio prossimo".
A sollevare il tema alla riunione dell'ufficio di presidenza della Commissione è stato Stefano Quaranta di Sinistra italiana, che ha sollecitato l'inizio del confronto sulla riforma dell'Italicum. Contrari si sono però dichiarati il capogruppo in Commissione del Pd, Emanuele Fiano, quello di M5s Danilo Toninelli e Francesco Paolo Sisto di Fi. Tutti e tre hanno sostenuto l'inutilità di iniziare la discussione prima della sentenza della Consulta sull'Italicum.
Il capogruppo della Lega, Cristian Invernizzi, ha sostenuto che si può partire subito con il confronto cominciando dal Mattarellum, cio la legge in vigore prima del Porcellum. Tesi questa respinta dai tre esponenti di Pd, M5s e Fi. Il presidente della Commissione Mazziotti ha quindi preso atto che la maggioranza dei gruppi si è dichiarata contraria a incardinare la discussione, rinviando al 10 gennaio eventuali nuove decisioni.
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"Sulla legge elettorale non si può fare del populismo legislativo: discutere prima della decisione della Consulta sarebbe una sterile esercitazione di tecnica parlamentare". Lo afferma il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto a proposito della decisione dell'ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali di rimandare l'esame delle proposte sulla legge elettorale a dopo il pronunciamento della Consulta sull'Italicum.
"Come accaduto per il porcellum - prosegue - la Consulta potrebbe intervenire in modo tranchant sulla legge elettorale per la sola Camera, rendendo vano ogni sforzo precedente. A tutto questo va aggiunto il dovere di scrivere la legge elettorale in Parlamento, indicazione emersa in modo inequivocabile dal recente esito referendario, e la necessaria armonizzazione fra criteri per eleggere senatori e deputati".
La Lega attacca: "Inedita alleanza, non vogliono andare al voto presto, ma arrivare più in là possibile”. Il M5s ribatte: "È la Lega che fa accordi sottobanco con il Pd, basta leggere le affermazioni di Salvini sul Mattarellum".
Intanto continua il dibattito fra chi vorrebbe reintrodurre il Mattarellum, soluzione più rapida possibile per andare alle urne. Renzi starebbe trattando con Salvini per accordarsi su una serie di modifiche da apportare alla legge del 1993.
Anche Forza Italia, sarebbe disponibile per un Mattarellum con una quota proporzionale più elevata: diciamo attorno al 40% rispetto al 25% previsto dalla legge.
La sinistra dem invece vorrebbe invece una modifica in senso maggioritario, introducendo il premio di di 90 seggi a chi vince.
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19 dicembre 2016 - Matteo Renzi dunque riparte dal Mattarellum.
Un’altra delle creature più preziose del suo governo, l’Italicum, è stata accantonata. Renzi auspica un ritorno alla legge elettorale approvata nel 1993, dopo il referendum anti-proporzionalista, che prende il nome dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ne fu relatore.
Maggioritario timido
Sicuramente la migliore delle leggi elettorali dalla fine del sistema proporzionale (e della Prima Repubblica) che era sostanzialmente rimasto in vigore per oltre 40 anni. Buona legge il Mattarellum, ma ben lontana dall’essere perfetta; frutto di un compromesso in equilibrio.
Un maggioritario timido e corretto da iniezioni di proporzionale. Venne usato nel 1994 - anno della prima vittoria di Silvio Berlusconi -, nel 1996 e nel 2001.
Mattarellum corretto
Più volte in questi anni diversi esponenti politici, specialmente nel centrosinistra, hanno indicato in questa legge, come la più adatta fra quelle adottate o proposte per il nostro paese, per tenere insieme rappresentanza e governabilità. Tanto è vero che è spuntata, alcuni mesi fa, anche una versione rinnovata.
Un sistema politico tripolare
Oggi sul Corriere della Sera, Massimo Franco dice che questa spinta del Pd renziano verso il Mattarellum sarebbe il tentativo di tenere in vita almeno una parte dello spirito maggioritario dell’Italicum. Ma il Mattarellum era adatto a un sistema politico bipolare. “Con un Parlamento spaccato in almeno tre tronconi, avrebbe poco senso.”
Sul Mattarellum storce il naso Forza Italia, con il quale anche per il Pd sarebbe auspicabile arrivare a un accordo su una legge fondamentale, quella che detta le regole della competizione elettorale. Gli umori in Forza Italia adesso paiono soprattutto proporzionalisti. Anche se sempre sul Corriere di oggi Giovanni Toti dice che Forza Italia è disposta a collaborare a partire dal Mattarellum ma “alla luce del sole”. Insomma il Pd non può dire: “prendere o lasciare il Mattarellum”. Sarebbe ripetere gli errori fatti con l’Italicum e la riforma costituzionale “approvate notte tempo e a colpi di fiducia”. Del resto, lunedì Renato Brunetta ha detto, con una certa spavalderia, che il centrodestra batterà Renzi con qualsiasi sistema elettorale.
Calcolo sbagliato di Renzi?
In generale l’uscita di Renzi a favore del Mattarellum viene interpretata come una mossa coordinata all’idea di andare al più presto alle elezioni, nella speranza di incassare una parte consistente del 40% ottenuto al referendum perso.
Probabilmente un altro calcolo sbagliato, indicatore anche di una lettura miope della situazione del Pd e del paese.
Con il Mattarellum sarebbe più semplice
D’altra parte, però, come ricorda invece Gianni Sabbatucci sulla Stampa, la mossa a favore del Mattarellum ha il vantaggio di essere semplice - basta una legge di poche righe - e permette di andare a votare presto, cosa che tutte le opposizioni dicono di voler fare. Il che potrebbe portare a una convergenza sulla legge del 1993.
Il Movimento 5 Stelle è diventato il principale sostenitore del demonizzato Italicum, ma potrebbe accontentarsi del Mattarellum, pur di incassare i voti che i sondaggi prevedono.
La Lega sembra tutto sommato gradire la soluzione, pur che sia rapida.